Il declino della pioppicoltura

L’evoluzione della pioppicoltura italiana negli ultimi 60 anni può essere divisa nei seguenti due distinti periodi:

 

Trentennio 1950-1970: fase di grande sviluppo della pioppicoltura italiana, la cui estensione è arrivata a superare i 170.000 ettari di piantagioni. È proprio a partire dagli anni ’50, infatti, che la coltivazione del pioppo cresce ininterrottamente grazie alla ricostruzione industriale ed al forte sviluppo dell’economia che garantirono una forte espansione dell’industria dei pannelli compensati, a sua volta trainata dalla crescente domanda di mobilio, a quel tempo bene primario per la famiglia e per la casa. Il pannello compensato costituisce, senza dubbio, il materiale fondamentale per la fabbricazione del mobile basato, per la sua struttura, sull’impiego del pannello tambura- to (un telaio di legno ricoperto con fogli di compensato sottile sulle due facce). In questo periodo, si sviluppa anche una forte domanda di legname di pioppo per il comparto degli imballaggi ortofrutticoli rappresentato da centinaia di imprese familiari, dislocate a ridosso del Po e lungo tutta la sua lunghezza, coinvolte in attività di segheria e di fabbricazione artigianale di tavole e di cassette di legno. Vengono inoltre avviati i primi impianti di pannello di particelle alimentati sostanzialmente con le ramaglie di pioppo, garantendo, in tal modo anche la collocazione industriale dei residui del processo di abbattimento delle piante di pioppo.

 

Anni 1980-2010: periodo di accentuato e costante declino della pioppicoltura italiana, che ha portato ad una diminuzione delle piantagioni di pioppo sino a meno della metà dei valori iniziali, ossia a circa 83.000 ettari (pari a circa lo 0,75 % dell’intera superficie forestale nazionale), con un calo annuale medio delle piantagioni stimato in circa 3.000-4.000 ettari/anno nel periodo 1982-2000 (vedi figura 1). Alcune stime più recenti individuano in 48.000 ettari l’attuale superficie a pioppo nel nostro Paese. Non a caso l’Italia è diventato il primo paese europeo per importazione di pioppo, con circa 457.000 mc (dati 2008) (Assopannelli, 2012 – Libro bianco sulla pioppicoltura in Italia. 12 giugno 2012).
La situazione paradossale di questo specifico periodo di declino, pur rappresentando la coltivazione del pioppo la più avanzata forma di arboricoltura da legno nel nostro Paese, che ha garantito la creazione di legami strutturali e consolidati con il sistema industriale di trasformazione del legno, consiste nel fatto che, ad un consistente e continuo aumento della domanda di legno di pioppo per uso industriale, corrisponde una marcata e costante contrazione delle superfici coltivate a pioppo superfici destinate alla pioppicoltura che, oggi, risultano del tutto insufficienti a corrispondere alle esigenze delle industrie del legno, del mobile e della carta. Secondo le esigenze espresse dal comparto industriale, a fronte di una domanda annua di legno di pioppo di oltre due milioni di metri cubi, la disponibilità interna non raggiunge un milione di metri cubi. Questo deficit, che determina consistenti importazioni di legno tondo e semilavorato dagli altri Paesi europei, potrebbe essere colmato con un incremento delle superfici pioppicole fino a circa 115.000 ettari.